L'inaugurazione nel 1923 della funivia tra Maia Alta e Santa Caterina fu un vero e proprio miracolo della tecnica. Agendo sulla guida della fune, l'ingegnere Luis Zuegg di Lana era riuscito a scavalcare la distanza di 2.300 m tra le due stazioni installando solo tre sostegni intermedi. Un'opera pionieristica, destinata a cambiare radicalmente il trasporto di persone e materiali. Fino a quel momento, infatti, l'unico collegamento tra Avelengo e Merano era un ripido sentiero di lastre di pietra che i contadini, primi fra tutti, percorrevano per portare a valle dall’Altipiano del Salto, con l'aiuto di animali da soma e rudimentali mezzi di trasporto, la legna e il bestiame che intendevano vendere al mercato. Era un viaggio lungo e faticoso, che a seconda della distanza del mercato poteva durare anche giorni. Poi c'erano le Botinnen, donne per lo più nubili o vedove che arrotondavano le entrate trasportando merci tra Avelengo e Merano. Con la gerla in spalla – che una volta piena poteva pesare anche più di 30 kg –, portavano giù a valle uova o burro e su in montagna ciò che nei masi non veniva prodotto, come bottoni, caffè o zucchero. Per i carichi pesanti, come i materiali da costruzione o il bestiame per cui il faticoso cammino fino a valle era fuori questione, c'era una teleferica che faceva la spola tra Maia Alta e Santa Caterina e che continuò a funzionare in parallelo anche dopo la costruzione della funivia. Nel 1933 fu inaugurata la strada tra Avelengo e Falzeben, e poco a poco negli anni a seguire la zona si riempì di strade carrozzabili. Fu allora che persino la Vespa – portata su in teleferica – cominciò a circolare sull'altopiano. A ben vedere, in tema di trasporti gli abitanti di Avelengo e dintorni hanno sempre dato prova di un'inventiva non indifferente. Luis Reiterer ricorda ancora come il primo autobus di linea a 40 posti abbia raggiunto Avelengo da Merano: «Sepp Greiter, responsabile dell'azienda Klammsteiner, si dichiarò pronto a munirsi di escavatrice e argano e a trainare su l'autobus facendolo passare per il vecchio cammino. Per farlo, fu necessario demolire i muri di cinta e le recinzioni sul percorso e persino far esplodere l'uno o l'altro ostacolo roccioso. Metro a metro, giorno dopo giorno, l'autobus si è fatto strada e – incredibile ma vero – dopo circa una settimana è arrivato ad Avelengo tutto intero, con giusto qualche graffio e ammaccatura».
Quanto più migliorava l'accessibilità, tante più visite da Merano e dintorni ricevevano i paesini all'ombra del Picco Ivigna. Che, in verità, avrebbero potuto essere di più se il prezzo della corsa non fosse stato così alto: all'epoca, infatti, il biglietto di andata e ritorno costava niente meno che 5 lire. Una somma non da poco se si considera che un turno di giorno veniva pagato in media 7–8 lire. Non stupisce, dunque, l'unanime gioia con cui fu accolta l'introduzione della cosiddetta "ora degli avelignesi", che permise alla gente del posto di acquistare il biglietto a prezzo scontato alle 8.00, alle 12.00, alle 14.00 e alle 17.00. Altrettanta soddisfazione destò una diversa misura: l'aggiunta di una corsa alle 20.30 il sabato sera, per permettere ai commercianti di Merano di raggiungere le loro seconde case ad Avelengo dopo la chiusura dei negozi per il fine settimana.